MY CART
Your cart is empty!
Continue exploring our products, we are confident that you will find something to your liking.

Blog

9 dolci tipici per le 9 province siciliane

Questo sarà un dolcissimo viaggio attraverso le nove province della Sicilia, alla scoperta della pasticceria tradizionale di ogni città. La pasticceria siciliana è antica, nota per la sua dolcezza e soprattutto per l'utilizzo di prodotti tipici come mandorle e ricotta.

Sebbene ormai i grandi classici della pasticceria siciliana si possano trovare ovunque nell'isola, le ricette più tradizionali e tipiche dei capoluoghi di provincia sono ben custoditi all'interno dei propri confini. La bellezza delle ricette di fama minore sta nella loro storia, a metà strada tra la leggenda e la realtà. Difficilmente si potrà scoprire l'origine certa ma l'alone di mistero che emanano questi dolcetti li rende ancora più gustosi.

È facile viaggiare per la Sicilia e trovare un po' ovunque cannoli, cassate, paste di mandorle o torte al pistacchio ma è arrivato il momento di scoprire ciò che di più tradizionale si può trovare nelle province siciliane!

Agrigento e i “Taralli di Racalmuto”

Racalmuto, in provincia di Agrigento, è il paese natale di Leonardo Sciascia, celebre scrittore siciliano. È proprio nei testi dell'autore che si legge del tradizionale tarallo di Racalmuto che, nonostante il nome, nulla ha a che fare con i taralli pugliesi o napoletani.

Chiaramente stiamo parlando di un dolce, un morbido biscotto fatto di farina, uova, strutto, latte, glassa di zucchero e i tipici limoni di Racalmuto.

Sembrerebbe essere una ricetta del celebre pasticcere Pio Lo Bue di Racalmuto, che agli inizi del '900 modificò la ricetta diffusa nel resto della provincia agrigentina con l'aggiunta di limone e glassa di zucchero. Ovviamente, il pasticcere non ha mai rivelato la sua ricetta originale ed è per questo che esistono miriadi di versioni diverse, personalizzate dai pasticceri di oggi. Questi dolcetti venivano tipicamente abbinati a del vino in osteria, erano anche il cibo tradizionale della festa dei morti.

Ad oggi, le pasticcerie che hanno deciso di portare avanti questa tradizione dei taralli sono solo quattro:

Antica Pasticceria Taibi

Cremeria Parisi

Antica Pasticceria Mattina

Pasticceria Capitano

Caltanissetta e il “Rollò nisseno”

Una ricetta che risale addirittura all'Ottocento quando in Sicilia arrivò la pasticceria svizzera grazie all'esempio di Luigi Caflisch, Alessandro Caviezel e Ulrico Greuter. Infatti, il rollò nisseno è parecchio simile allo Swiss Roll dal punto di vista estetico: un pan di Spagna arrotolato e ripieno. Chiaramente, a Caltanissetta questo dolce è stato reinventato con gli ingredienti del territorio siciliano quali ricotta di pecora e pasta reale di mandorle, avvolte dal pan di Spagna al cacao amaro per una perfetta armonia dei sapori.

Il rollò nisseno non è un dolce legato ad alcuna ricorrenza, semplicemente si consuma in ogni occasione ed è amato proprio da tutti.

Catania e le “Minne di Sant'Agata”

Una storia di femminismo e lotta contro il patriarcato dietro dei semplici e graziosi dolcetti a forma di seni. Si mangiano rigorosamente in numero pari per ricordare i due seni che furono amputati alla piccola Agata, appena quindicenne, dopo aver rifiutato il console romano Quinziano. Da quel momento, Agata decise di concedere la propria vita a Dio, diventando una delle vergini consacrate dal vescovo.

Celebrata il 5 febbraio, Sant'Agata è la patrona della città di Catania, proprio a lei sono quindi dedicate queste “minne”. La ricetta è una miniatura della celebre cassata siciliana: pan di Spagna imbevuto di rosolio e farcito con ricotta di pecora, gocce di cioccolato e canditi che viene racchiuso in una cupola di pasta reale.

Enna e il “Buccellato”

Nonostante sia possibile classificare il Buccellato tra i dolci più conosciuti della Sicilia, c'è da fare una precisazione. Sì, è sicuramente ben conosciuto dai siciliani (soprattutto nella provincia di Palermo) ma molto meno dai turisti.

È un dolce originario di Enna, un delizioso biscotto farcito di frutta secca e fichi che conquisterà ogni palato. A differenza di quello che abbiamo visto fino ad ora, il buccellato non è stato importato da altre parti del mondo ma è tipicamente siciliano. Il nome deriva dal latino, per indicare il boccone morbido che ci si aspetta da questo biscotto fragrante.

Originariamente veniva preparato e gustato esclusivamente per le feste natalizie ma ad oggi è possibile trovarlo 365 giorni l'anno ad Enna, ottimo a colazione o come snack pomeridiano proprio per l'apporto energetico della frutta secca.

Messina e il “Bianco e nero”

Una creazione tutta messinese per un dolce che altrove potrebbe essere semplicemente chiamato profiterole. Ma chi vive, o ha vissuto, a Messina sa bene che il bianco e nero è molto di più che un semplice profiterole!

La ricetta è stata inventata dalla famiglia Scandaliato, proprietaria dell'omonima pasticceria, nel 1942. Il padre Carlo e la figlia Angela crearono dei bignè di panna e gianduia (da qui il nome, bianco come la panna e nero come la gianduia) che ancora oggi sono amati e desiderati dai messinesi. La tradizione familiare di Scandaliato non si è fermata, la pasticceria è ancora aperta e la ricetta è abilmente ricreata sulla base dei segreti di famiglia.

Uno dei segreti per un bianco e nero spettacolare è sicuramente l'armonia tra i sapori, la classica forma del dolce viene data dalle “palle” di bianco e nero delicatamente appoggiate l'una sull'altra fino a creare una sorta di cupola o montagnetta.

Palermo e l' “Iris”

Non c'è colazione a Palermo che non includa una Iris calda al bar. È uno dei dolci più famosi della Sicilia e di Palermo in particolar modo, visto e rivisto in televisione e al cinema. Un dolce ricchissimo di sapore e invitante, tipicamente fritto (ma ormai anche nella versione al forno), racchiude una crema di ricotta e gocce di cioccolato in un morbido impasto lievitato e spolverizzato di zucchero.

Fu Antonio Lo Verso, pasticcere palermitano, che nel 1901 inventò l'Iris in occasione della prima di un'opera di Pietro Mascagni, chiamata per l'appunto Iris.

Ragusa e i “Mpanatigghi”

All'aspetto sono dei semplici biscotti ma una volta che li avrete addentati capirete che si tratta di molto di più. Sono biscotti ripieni a forma di panzerotti, farciti con mandorle, noci, cioccolato, zucchero, cannella, chiodi di garofano e... carne di manzo! Per chi ancora non li conoscesse, sarà sicuramente una grande sorpresa.

Sono un prodotto tipico di Modica, già parecchio conosciuta per il suo cioccolato lavorato a freddo.

Questi dolcetti ripieni di carne macinata furono portati in Sicilia dalla dominazione spagnola del XVI secolo, anche l'etimologia ci aiuta nel capirne l'origine, infatti 'mpanatigghi viene proprio da empanadas. Tra l'altro, l'abbinamento di cioccolato e carne non è assolutamente raro nella cucina spagnola.

Inizialmente veniva usata carne di selvaggina ma oggi quasi esclusivamente di manzo.

La storia narra che durante la Quaresima, quando non si poteva mangiare la carne, le suore la nascondevano nei biscotti per far riprendere le forze ai preti.

Leonardo Sciascia definì questi dolcetti come dei “biscotti da viaggio” proprio per il loro ripieno proteico, adatto ai lunghi viaggi.

Siracusa e i “Totò”

Dei dolcetti autunnali, speziati e deliziosi, tipici della festa di Ognissanti. Si pensa che questi biscotti siano stati inventati per addolcire un momento triste e doloroso come il ricordo dei defunti, anche perché era un periodo dell'anno in cui i dogmi della chiesa prescrivevano digiuno e astinenza. Per ovviare a tutto ciò, si pensò di creare un dolce realizzato con gli scarti e gli avanzi delle giornate precedenti. Un biscotto del riciclo!

Per quanto riguarda il nome non si hanno riferimenti certi, l'unica ipotesi potrebbe essere legata ad un pasticcere di nome Totò che preparava questi dolci.

I Totò sono dei biscotti semiduri e tondi, al cacao se marroni e al limone se bianchi. Anche detti “ossa di morto” per la ricorrenza del 2 novembre.

Trapani e la “Genovese”

Le genovesi sono dei dolci tipici del borgo di Erice, hanno forma di collinetta e la pasta frolla racchiude al suo interno una delicata crema pasticcera.

Il nome del dolce sembrerebbe derivare dalla forma del cappello dei marinai genovesi, infatti i rapporti commerciali tra Trapani e Genova erano molto forti, tant'è che si potrebbe anche azzardare un rimando ad una storia d'amore tra un'ericina creatrice del dolce e un marinaio genovese.

Erano le monache del convento di S. Carlo che si occupavano della preparazione delle genovesi, le suore erano però gelosissime dei loro segreti di pasticceria e non avevano nessuna intenzione di tramandare la ricetta a chi non faceva parte del loro ordine. Maria Grammatico visse per lungo tempo con le suore di S. Carlo, spiandole cucinare e preparare le genovesi, si appuntò ogni segreto e ogni dose così che, una volta uscita dal convento, aprì il suo piccolo laboratorio di pasticceria seguendo le ricette rubate alle monache.


Loading...